ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Una pace miracolosa
di Andrea Bentivegna
12/12/2015 - 02:01

di Andrea Bentivegna

VITERBO - La chiesa dove ogni anni anno, verso la fine di giugno, si riuniscono i facchini per sostenere la fatidica prova di portata che deciderà chi di loro prenderà parte al trasporto è conosciuta da tutti i viterbesi con il nome de ''la Pace''. Per l’esattezza la chiesa sarebbe consacrata a Santa Maria della Pace il motivo ce lo racconta don Salvatore del Ciuco con una storia affascinante a metà strada tra il miracolo e la leggenda che come tutte le storie di questo genere rievoca fatti verosimilmente accaduti arricchendoli e romanzandoli.

Per raccontarla bisogna risalire sino al XIII secolo quando in questo quartiere, che allora aveva un aspetto completamente diverso e caratterizzato da vie strette, buie e tortuose, si dice che vi fosse una grande ed elegante piazza sulla quale affacciassero dei palazzi signorili ed eleganti.

Proprio lì, affacciati l’uno di fronte al altro sorgevano i grandi palazzi di due tra le famiglie più illustri della città, i Gatti e i Mazzatosta.

Quegli anni così splendenti per Viterbo erano tuttavia un epoca burrascosa in cui le lotte per l’egemonia cittadina contrapponevano sovente i casati più importanti. I due dirimpettai illustri della bella piazza a due passi dal Bottalone non sfuggirono a questa infausta sorte. I Gatti e i Mazzatosta si sfidarono ben presto e la lotta tra loro fu drammatica e senza esclusione di colpi. In pochi anni le famiglie finirono praticamente per annientarsi a vicenda.

La storia a questo punto sfocia nella leggenda e ci racconta che da questa ecatombe furono risparmiati solo due neonati, il piccolo Guido della famiglia Gatti e il quasi coetaneo Nino ultimo discendente della famiglia rivale. Il destino sembrava per entrambi segnato e così la benevolenza di qualcuno suggerì di allontanarli dalle loro case materne e di allevarli altrove, lontani da quel clima di odio.

Passarono gli anni, i due ragazzi crebbero ignari l’uno del altro e della storia delle rispettive famiglie mentre la piazza, teatro della contesa tra i due casati sfociata in orribili crimini, divenne un luogo maledetto dal quale i viterbesi preferivano tenersi alla larga.

Quando infine i due divennero uomini, per un destino tragico al quale inconsapevolmente non sarebbero mai stati in grado di sfuggire, quasi si trattasse di un duello shakespeariano, si ritrovarono uno di fronte al altro al centro di quella stessa piazza.

Nel momento in cui stavano per incrociare le loro spade un grido ruppe il silenzio e bloccò i duellanti. Entrambi si voltarono e guardarono verso una finestra alla quale una donna era affacciata invocando la parola “Pace” mentre una luce che parve soprannaturale le illuminava il volto. Guido e Nino interpretarono questo fatto come un segno divino, lasciarono cadere le armi e si inginocchiarono sancendo di fatto la pace.

Anni dopo quando in quello stesso luogo fu eretta una chiesa che è poi quella che, dopo diverse trasformazioni, è giunta sino a noi i viterbesi, memori di questa storia, vollero che fosse consacrata a Santa Maria della Pace.





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